La carenza di infermieri in Italia: un problema strutturale e le prospettive offerte dall’accordo OMS-UE
La carenza di infermieri in Italia: un problema strutturale e le prospettive offerte dall’accordo OMS-UE
Il sistema sanitario italiano si trova attualmente di fronte a una delle sfide più complesse e urgenti degli ultimi anni: la crescente carenza di personale infermieristico. Questa problematica sta influenzando in maniera significativa l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari offerti, minando la capacità di rispondere adeguatamente alle esigenze di una popolazione in costante evoluzione.
I principali fattori che alimentano questa carenza includono l’invecchiamento della popolazione, il continuo aumento della complessità delle cure richieste, e la domanda sempre più alta di servizi sanitari da parte di una cittadinanza che vive più a lungo ma, purtroppo, con un numero crescente di patologie croniche.
L’invecchiamento della popolazione rappresenta un aspetto fondamentale da considerare, poiché un numero maggiore di persone anziane comporta una necessità crescente di assistenza infermieristica, sia nelle strutture ospedaliere che sul territorio. A questo si aggiungono i progressi tecnologici nel campo della medicina, che, se da un lato hanno migliorato le capacità diagnostiche e terapeutiche, dall’altro richiedono una preparazione sempre più specialistica e un continuo aggiornamento professionale da parte degli operatori sanitari. Questi fattori, insieme alla scarsità di nuove assunzioni nel settore, generano una pressione insostenibile sui professionisti già in servizio, comportando il rischio di un peggioramento delle condizioni di lavoro e di un abbassamento della qualità dell’assistenza.
Lo scopo di questo articolo è quello di approfondire le radici di questa carenza infermieristica, esaminando non solo le cause dirette, ma anche le sue conseguenze sul sistema sanitario nel suo complesso. In particolare, questo articolo si concentrerà anche sulle possibili soluzioni a questa problematica, analizzando le iniziative intraprese a livello nazionale e internazionale.
Un aspetto di particolare interesse è rappresentato dall’accordo recentemente siglato tra l’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il quale mira a promuovere politiche sanitarie comuni per affrontare la carenza di personale infermieristico.
Carenza di infermieri in Italia
Le cause viste da vicino
Le ragioni alla base della persistente carenza di infermieri in Italia sono molteplici e complesse.
Un fattore determinante, come già accennato, è l’invecchiamento della popolazione, che è tra i più marcati al mondo. Con una parte significativa della popolazione, circa il 20%, che ha oltre 65 anni e una proiezione che indica un ulteriore aumento degli ultraottantenni nei prossimi decenni, il sistema sanitario italiano si trova a dover fronteggiare una domanda di assistenza sempre maggiore.
In molte regioni, soprattutto nel Nord Italia, la carenza di infermieri è diventata un problema strutturale, che si aggrava ulteriormente a causa di un tasso di pensionamenti molto elevato rispetto alle nuove assunzioni. Secondo quanto riportato da un rapporto dell’OCSE del 2008, si registrano circa 17.000 pensionamenti annuali contro solo 8.000 nuove assunzioni, creando uno squilibrio che minaccia la sostenibilità del sistema sanitario.
Un altro elemento che contribuisce alla difficoltà di attrarre e trattenere professionisti nel settore è il basso livello di retribuzione.
Gli stipendi degli infermieri in Italia sono significativamente più bassi rispetto a quelli di altri Paesi europei. A titolo di esempio, gli infermieri italiani guadagnano in media il 56% in meno rispetto ai colleghi tedeschi, il 46,2% in meno rispetto a quelli svizzeri e il 20% in meno rispetto ai colleghi britannici. Questo divario retributivo costituisce un ostacolo considerevole per i giovani che potrebbero essere attratti dalla professione e spinge molti professionisti a cercare opportunità più remunerative all’estero.
Il carico di lavoro eccessivo rappresenta un altro fattore importante che contribuisce alla carenza di infermieri.
La gestione di un numero sempre maggiore di pazienti e l’assegnazione di compiti che non appartengono strettamente alla sfera sanitaria, come la pulizia e il trasporto dei pazienti, hanno aumentato il livello di stress tra gli infermieri. Questa pressione, che può portare a un elevato tasso di burnout, è una delle principali cause dell’abbandono della professione. Per cercare di alleviare il peso di queste mansioni, alcune Regioni italiane hanno introdotto nuove figure professionali, come gli assistenti e gli operatori socio-sanitari, che svolgono compiti complementari per supportare gli infermieri nel loro lavoro quotidiano.
Un ulteriore problema che affligge la professione infermieristica in Italia è la scarsa valorizzazione del ruolo.
Nonostante la loro centralità nel sistema sanitario, gli infermieri sono spesso percepiti come semplici esecutori delle direttive mediche, senza che venga riconosciuta la complessità e l’importanza del loro lavoro. Questa mancanza di riconoscimento non solo ha un impatto negativo sulla motivazione e sull’autostima dei professionisti, ma alimenta anche il fenomeno del turnover, rendendo difficile il reclutamento di nuovi infermieri.
Inoltre, le politiche salariali poco competitive, le limitate opportunità di carriera e la scarsa autonomia decisionale contribuiscono a una deprofessionalizzazione della figura dell’infermiere, creando un circolo vizioso che rende la professione meno attrattiva per i giovani. La mancanza di riconoscimento istituzionale e sociale non solo danneggia l’immagine della professione, ma rischia di compromettere la qualità dell’assistenza sanitaria in Italia.
Le conseguenze viste da vicino
La carenza di infermieri ha conseguenze profondamente negative sul sistema sanitario, influenzando direttamente la qualità delle cure fornite ai pazienti.
Il sovraccarico di lavoro, che grava sul personale esistente, può aumentare significativamente il rischio di errori medici e eventi avversi, mettendo in pericolo la sicurezza dei pazienti.
Inoltre, la scarsità di infermieri porta a una riduzione della qualità dell’assistenza, poiché gli infermieri, già sovraccarichi, non riescono a dedicare il tempo necessario a ciascun paziente, con un impatto negativo sulle cure individuali.
Un ulteriore effetto collaterale è l’allungamento delle liste d’attesa, che si verifica quando la carenza di personale rallenta il processo di erogazione dei servizi sanitari, rendendo più difficile fornire le prestazioni necessarie in tempi rapidi. In questo contesto, gli infermieri ancora in servizio sono costretti a lavorare oltre i loro limiti, affrontando orari estenuanti e turni più pesanti.
Il risultato di questo scenario è un sistema sanitario che fatica a mantenere elevati standard di cura, rischiando di compromettere la salute della popolazione.
Risorse dall’estero: buon rimedio oppure no?
La carenza di infermieri potrebbe essere parzialmente affrontata attraverso l’assunzione di personale proveniente da altri Paesi. Tuttavia, la concorrenza con altre nazioni europee, che offrono stipendi più alti e migliori condizioni di lavoro, unitamente alle complicate normative migratorie, rende difficile colmare il vuoto con infermieri stranieri.
Secondo un’analisi di Adnkronos Salute, il numero di infermieri provenienti dall’estero in Italia, a fine 2022 e inizio 2023, si aggira intorno alle 38.000 unità, un dato che rimane comunque insufficiente rispetto alle necessità del sistema sanitario nazionale.
Una soluzione potrebbe essere quella di facilitare le assunzioni di infermieri stranieri tramite accordi diretti tra le istituzioni dei Paesi coinvolti. Un esempio recente di questa modalità è l’intesa siglata quasi due anni fa tra il Ministero della Salute italiano e le autorità indiane. Questo accordo, che è diventato operativo dal 1° aprile 2023, permette all’Italia di accedere a una vasta base di professionisti sanitari indiani, che conta più di 3,3 milioni di infermieri e altre figure sanitarie. Durante il G7 Salute tenutosi ad Ancona all’inizio di ottobre 2024, il ministro Schillaci ha incontrato la viceministra indiana, la quale ha ribadito la disponibilità del suo Paese a supportare l’Italia in tempi brevi.
L’accordo ha sollevato diverse reazioni, tra cui quella di Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), che, pur riconoscendo l’importanza di accogliere infermieri stranieri, ha sottolineato la necessità di riformare la professione in Italia. Secondo Mangiacavalli, solo attraverso un’innovazione nei settori formativi, professionali e nelle autonomie decisionali si può garantire la sostenibilità e l’universalità del Servizio Sanitario Nazionale.
Le critiche sono giunte anche da alcune sigle sindacali, come NursingUp, che evidenziano come l’accordo con l’India non affronti le cause principali della carenza, ma piuttosto agisca come una soluzione temporanea. Secondo il sindacato, il vero problema risiede nella scarsa attrattività della professione infermieristica e nella necessità di investire maggiormente sui giovani per rendere il settore più appetibile.
La situazione, a loro avviso, è ulteriormente aggravata dal rinvio al 2026 del piano di assunzioni per infermieri italiani e dall’aumento salariale di soli 7 euro netti, ritenuto ampiamente insufficiente per rispondere alle richieste del personale sanitario e per ridurre la fuga di infermieri verso altri Paesi.
Accordo OMS-UE “anti fuga”: i dettagli
L’accordo tra la Commissione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rappresenta un’importante iniziativa per contrastare la carenza di infermieri.
Il finanziamento di 1,3 milioni di euro destinato all’iniziativa è un primo passo verso la valorizzazione e il rilancio della professione infermieristica, con l’obiettivo di attrarre nuovi professionisti e migliorare le condizioni di lavoro.
Ciò avverrà attraverso una serie di campagne di sensibilizzazione che evidenzieranno l’importanza e la centralità del lavoro infermieristico all’interno dei sistemi sanitari. Al contempo, l’accordo prevede interventi per migliorare le condizioni lavorative degli infermieri, puntando a garantire salari più equi, orari di lavoro più sostenibili e opportunità di crescita professionale.
Un ulteriore punto focale riguarda la mobilità professionale.
Per facilitare il movimento di infermieri tra i vari Stati membri dell’Unione Europea, l’accordo promuove il riconoscimento reciproco delle qualifiche e l’eliminazione delle barriere burocratiche, semplificando le procedure di mobilità. Questo consentirà agli infermieri di esercitare la loro professione in maniera più agevole in diversi Paesi, affrontando così le disuguaglianze esistenti nella distribuzione della forza lavoro sanitaria.
L’accordo si propone anche di rafforzare la formazione, investendo nella preparazione sia iniziale che continua degli infermieri. L’obiettivo è non solo incrementare il numero di infermieri qualificati, ma anche assicurarsi che siano aggiornati con le competenze necessarie a rispondere alle esigenze dei pazienti in un contesto sanitario in rapido cambiamento.
L’accordo con l’OMS è legato a un tipo specifico di contratto che l’Unione Europea utilizza per destinare finanziamenti a progetti che rispondono agli obiettivi e alle politiche europee. La gestione dell’iniziativa sarà affidata a un comitato direttivo congiunto, che coinvolgerà sia l’OMS Europa che la Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea (DG SANTE). Questo comitato avrà il compito di supervisionare l’attuazione del progetto, garantendo che le risorse siano utilizzate efficacemente e che gli obiettivi vengano raggiunti in modo tempestivo.
Particolare attenzione verrà data ai Paesi che affrontano carenze particolarmente gravi di operatori sanitari, con un focus specifico sugli infermieri. In molti Stati membri dell’Unione Europea, la carenza di personale sanitario è un problema trasversale che interessa tutte le nazioni, ma con una distribuzione disomogenea, con alcune aree, come quelle rurali e periferiche, che soffrono maggiormente della scarsità di professionisti. Questo squilibrio tra la domanda e l’offerta di competenze sanitarie, insieme alla concentrazione del personale sanitario nelle grandi città e nelle capitali, è un ulteriore ostacolo da superare.
L’accordo tra la Commissione Europea e l’OMS, se attuato correttamente, potrebbe rappresentare un passo cruciale per invertire la tendenza e garantire una maggiore equità nella distribuzione delle risorse sanitarie, nonché un miglioramento complessivo delle condizioni di lavoro e della qualità delle cure per i cittadini europei.
Solo attraverso una cooperazione internazionale e un forte impegno nazionale sarà possibile risolvere in modo definitivo la carenza di infermieri e rafforzare i sistemi sanitari in Europa.